Karl Wiener

La strada verso la vita


Non sono cose importanti quelle che scrivo qui, ma sono ricordi di esperienze vissute nei primi anni della mia vita. Devono essere stati significativi per me in quel momento, poiché li ricordo vividamente ancora oggi, negli ultimi anni del mio secolo.

Dev'essere stato il mio primo taglio di capelli. Mi sono seduto su un seggiolone e ho pianto amaramente. Mia nonna, che mi aveva portato in questo inferno, posa fine alla dura prova e mi portò in un vicino negozio di giocattoli dove mi comprò dei mattoncini di legno colorati. Dovevo certamente prometterle che sarei stato coraggioso, perché poi mi vedo di nuovo seduto sulla sedia della tortura, dove, grazie ai mattoncini, ho tollerato il taglio di capelli.

Insieme con altri bambini abbiamo giocato un gioco con le dita. Ero notevolmente il più giovane, avevo meno di tre anni. Dovevamo alzarci e allungare entrambe le braccia in aria dopo la declamazione comune: “Tutto ciò che ha le ali, vola alto nell'aria!” dopo che uno dei bambini aveva chiamato un oggetto o un animale. Allora non sapevo che si poteva alzare le braccia solo se el soggetto chiamato poteva volare, e mi vergognavo perché gli altri bambini ridevano di me quando lasciavo volare le cose sbagliate.

Nel 1933 la mia famiglia emigrò in Austria. Ho notato molte persone che chiedevano l'elemosina per le strade di Vienna. Erano chiamati mendicanti. Pensavo che fare il mendicante fosse un lavoro come un altro. Si diceva che alcuni di loro fossero ricchi. Uno è stato visto la sera con indosso una pelliccia. Da allora ho associato il termine “ricco” al possesso di una pelliccia.

Mio fratello sentiva un bisogno urgente. Mia madre ci condusse in una strada laterale vicino al Duomo di Santo Stefano, dove i cavalli dei Fiaker, in paziente attesa, urinavano in strada. Mio fratello ha fatto pipì su un muro. All’improvviso un gendarme si è presentato davanti a noi e ha chiesto a mia madre una multa di uno scellino per “aver profanato un luogo di culto”. Non ho dimenticato lo sguardo punitivo del gendarme.

La costruzione della strada su cui poi abitammo non fu terminata. Carri e binari erano stati abbandonati. Mio fratello e il suo amico si divertivano a spingere un po' in salita uno dei carri, a salire su di esso e a rotolare giù per la collina gridando forte "ciao". Naturalmente a me, il ragazzino, non è stato permesso di partecipare. Piango ancora oggi la perdita della felicità.

Da qualche parte nella foresta, le colline erano tutte boscose, risuonavano strane urla. Noi bambini li interpretavamo come grida di aiuto e, rabbrividendo, ci sussurravamo che una persona si era persa nella foresta e ora voleva attirare l'attenzione su di sé per essere salvata. Quando nei giorni successivi abbiamo sentito nuovamente le urla, abbiamo pensato che il poveretto non fosse stato ancora ritrovato. Oggi penso che una persona abbia provato a fare lo jodel.

Ricordo anche una conversazione tra i miei genitori in cui mio padre descriveva la strada per un posto dove doveva andare per qualche motivo. Ha detto: “….e a questo punto devo stringere i denti…”. L'idea assurda che mio padre dovesse stringere i denti, soprattutto in questo luogo sconosciuto, mi ha tormentato a lungo.

Mio fratello aveva preso un paio di scarpe nuove etichettate come "impermeabili" e ha provato a verificarlo in un ruscello vicino. Il tentativo fallì perché l'acqua era troppa profonda e penetrava nella scarpa dall'alto.

Quando ci è arrivata la notizia della morte di mio padre, non capivo perché i miei fratelli maggiori piangessero. Credo di non aver capito allora che la morte è definitiva. Cosa non avrei dato per iniziare la mia vita accanto a mio padre?

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Veröffentlicht auf e-Stories.org am 03.03.2025.

 
 

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