Il cimitero di Morel.
Dimmi cos’è
questo bisogno di esistere
che ci fa essere qui
prigionieri
di questa fatua libertà.
Questa necessità impellente
che ci fa ristare in questo luogo
spiriti in fuga
dalla materia.
Quest’ansia compulsiva
che ci porta
a passar metà dell’esistenza nostra
qui
a rammendare invisibili ferite.
Questa smania di lasciar
come sugli alberi
un segno.
Che ci fa discorrer da comari
chattar del più e del meno,
lanciare lazzi,
frizzi,
ingiurie,
critiche,
e anatemi.
Che ci fa buttar giù fiumi
di prosaica poesia
chiusi nel nostro piccolo passato.
Che ci fa collezionar mi piace
e amici sconosciuti
a mo’ d’insetti sotto vetro,
come se fosse il nostro solo pane quotidiano.
Cos’è questa malsana voce
che ci martella dentro da mattina a sera:
social ergo sum.
Dimmi cos’è
che ci fa tornare, e ritornare qui,
oggi e domani .
E’ forse una subdola peste dell’anima
che ci illude di vivere,
ologrammi senza fine,
come nell’isola di Morel?
Ma
tornare a vederci in piazza
davanti a un buon caffè,
no eh?
Alle Rechte an diesem Beitrag liegen beim Autoren. Der Beitrag wurde auf e-Stories.org vom Autor eingeschickt Gabriele Zarotti.
Veröffentlicht auf e-Stories.org am 10.05.2020.
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