Gabriele Zarotti

L'era del gambero.

 

 

Corrono i pensieri come un fiume in piena

che lungo il suo letto ci trascina e scuote

insieme ai suoi enigmi.

Balzano e rimbalzano senza sosta

contro le incerte sponde.

Mentre la ragione,  fragile zattera,  si affanna

a guadagnar  l’estuario.

 

 

Il tempo corre e si deforma,

e nell’ avvolgere se stesso

travolge gli argini di questa  precaria civiltà,

mentre il magmatico flusso straripa

e inonda  i campi della mente.

Così ragione e sentimento

soccombono sotto i colpi

del barbaro linguaggio di una pancia pingue e ottusa,

mentre attorno tutto degrada al ritmo di un frenetico quickstep.

E non basteranno transumane alchimie,

né macchine intelligenti a compensarlo.

Non c’è progresso né futuro senza respiro umano.

 

 

Nascono senza pensiero  i pensieri  oggi

e si fanno parole  di rabbia e di menzogna,

senza regole, rispetto e dignità.

La lingua degenera in conflitto permanente,

specchio  dei nostri  insani tempi,

e nell’ inesorabile disfarsi azzera ogni conquista

e inverte il moto della storia.

Già risuonano  lontano  i vagiti della civiltà

quando ci stupivamo per il nascere del sole

e la magia delle stelle.

Fissavamo immagini e pensieri nella pietra.

E per dire amore non c’era musica né poesia,

solo muti sguardi e ruvide carezze.

 

 

Il tempo corre e si deforma

e nell’ avvolgere  se stesso

porta  indietro le lancette del nostro inutile cammino.

Indietro.

Sempre più indietro.

Fino alla mano che inconsapevole

stimolò il cervello ozioso a concepir la ruota.

A forgiare la parola perché desse voce all’ avventura umana.

Sempre più indietro.

Fino a rovinar  giù in fondo, nel buio della notte,

quando selvaggi stentavamo  ad articolare suono

in quel  tormentato scenario senza pace.

Sempre più indietro.

Fino ai confini del brodo primordiale,

quando gelido era il sangue

e  noi non eravamo che inconsapevoli serpenti.

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Veröffentlicht auf e-Stories.org am 16.12.2018.

 
 

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